Conseguenze ecologiche dell'illuminazione artificiale
Articoletto su "Leggo" dell'8
Febbraio 2006:
"CAPPERI
Luci romantiche per animali Cigni, lucciole, trote e altri animali del lago di
Pusiano, nel Lecchese, avranno privacy amorosa. Al comune hanno deciso di
spegnere le luci della passeggiata sul lungolago nei periodi di riproduzione.
Per favorire gli animali con le pinne, le ali, le zampe. E le gambe, chissà."
... un esempio di come possono essere
viste dal grande pubblico alcune iniziative in favore della diminuzione
dell'Inquinamento Luminoso. E' spiritoso, ma poco informato sui veri effetti che
le luci artificiali mal gestite possono avere sull'ambiente ecologico.
Nel caso specifico le luci dei lampioni stradali non dovrebbero essere dirette
verso le zone abitate dagli animali, ma concentrarsi sui passaggi pedonali,
limitando al massimo, specie durante la notte inoltrata, le emissioni verso
l'alto.
La lotta contro l'inquinamento
luminoso non dovrebbe essere fatta da soli studiosi ed appassionati del Cielo
Notturno, ma da tutti quelli che sono sensibili ai temi dell'ambiente e del
risparmio energetico.
In questa epoca caratterizzata dal consumo delle fonti non rinnovabili, con
conseguenze sull'ambiente devastanti nelle zone di estrazione e dalla produzione
di emissioni inquinanti che hanno, nell'arco di pochi anni, già danneggiato
irreparabilmente molti preziosi ricordi della nostra cultura, i provvedimenti
legislativi si limitano, nei situazioni più gravi, ad imporre la riduzione
della temperatura dei termosifoni o alla limitazione temporanea del traffico su
gomma.
Questi provvedimenti, anche se possono essere in linea di principio validi per
un limitato periodo, non hanno effetti sul lungo termine sull'inquinamento
atmosferico e sulla riduzione dei consumi da fonti non rinnovabili.
Le grandi aree urbane e le zone
intorno ad esse sono soggette a forti inquinamenti di tutti i tipi: da sostanze
chimiche, da polveri nocive, da emissioni elettromagnetiche che vanno dalla onde
lunghe fino alla luce.
Di giorno chi osserva una città dall'alto ad una distanza di una decina di
chilometri vede una impressionate grande cappa grigia che avvolge il centro
abitato.
Anche di notte, dalla stessa distanza da un grande centro abitato, si osserva un
enorme alone luminoso che spande luce verso l'alto. Questo chiarore arriva
spesso ad impedire la visione di una gran parte del Cielo notturno fino ad altre
50 Km dalla città.
E' evidente che la luce è
fondamentale per la sopravvivenza e l'evoluzione maggior parte dell'ambiente
biologico sulla Terra. Le successioni tra il giorno e la notte, ovvero tra luce
e buio regolano un meccanismo vitale detto Ritmo
Circadiano dal latino 'circa dies', cioè circa un giorno. Questo orologio
biologico si regola non su tempi precisi, ma si adatta progressivamente alle
differenze tra luce e buio delle varie stagioni.
I casi limite nei quali questo meccanismo di deve adattare sono all'equatore con
tempi costanti tra giorno e notte durante l'anno e alle latitudini estreme dove
invece le differenze tra notte e giorno sono molto attenuate e si hanno stagioni
di quasi sei mesi con luce quasi assente ed altri sei mesi di luce quasi
costante.
Se ci recassimo all'Equatore,
probabilmente non avremo grossi problemi ad adattarci a quell'ambiente: i soli
disagi potrebbero derivare dalla differenza troppo brusca tra le temperature del
giorno e della notte.
Verso il Polo Sud o il Polo Nord, la situazione sarebbe diversa, con malesseri
legati all'umore ed alo stress. Gli abitanti di queste zone si sono adattati
geneticamente a questo ambiente estremo regolando il proprio Ritmo Circadiano
all'ambiente dove vivono abitualmente.
E' dimostrato come l'alternarsi tra luce e buio influisce su molti
fattori biologici e nei casi estremi di stress può portare un accorciamento
della vita o se in congiunzione con altri fattori esterni ad un aumento della
mortalità di circa dieci volte nei mammiferi.
Una ricerca effettuata nel 1992
su alcune specie di Tartarughe di mare ha dimostrato che nell'area di 50 metri
da una lampada a vapori di mercurio il comportamento di questi animali era
fortemente alterato con una marcata riduzione della deposizione delle uova e
disorientando gli animali nel percorso di ritorno. Gli stessi effetti, ma meno
evidenti sono stati generati con lampade al sodio a bassa pressione.
La luce artificiale indiscriminata sulle spiagge utilizzate da questi animali
per riprodursi costituisce una seria minaccia per questa specie, fino al rischio
della sua completa
estinzione.
Le
falene si orientano per la rotta migratoria sulla Luna o su stelle molto
luminose; le sorgenti luminose artificiali attirano le falene e le disorientano
con la conseguente distruzione dello sciame e degli individui fino alla scomparsa
di intere specie.
Hausmann (1992) ha condotto uno studio
in cui ha evidenziato che il numero di farfalle
notturne uccise da lampade industriali in zone seminaturali del sud Italia,
è notevolmente elevato.
Alcune specie di uccelli che usano l’orientamento
astronomico (come i alcuni passeriformi) nelle loro migrazioni notturne
possono essere disturbati dalla presenza di fonti luminose artificiali.
È degno di nota il caso riscontrato alla periferia di Cagliari di un Falco
pellegrino che appollaiato sui tralicci di una raffineria di petrolio, attendeva
gli uccelli migratori notturni che venivano attratti da un potentissimo faro che
illuminava a giorno gli impianti per motivi di sicurezza, disperdendo però una
notevole quantità di luce verso l’alto.
Un articolo di giornale apparso sul Gazzettino di Venezia il 24 aprile 1997
contiene la denuncia del disturbo provocato dall’illuminazione del casello
autostradale di Venezia-Mestre ad un gallo che canta durante la notte, impedendo
il sonno del contadino a cui appartiene.
In uno studio condotto da studiosi
dell’Università di Padova si rileva che le chiome degli alberi cittadini si
sviluppano vistosamente in modo anomalo verso i lampioni.
Gli studi condotti presso il dipartimento di biologia dell’Università di
Padova su due piante di Magnolia Grandiflora L. presenti
all’orto botanico della città stessa, hanno evidenziato una diminuzione
dell’efficienza fotosintetica delle foglie direttamente illuminate da una
lampada ai vapori di mercurio.
La zona esposta all’illuminazione artificiale è significativamente inferiore
rispetto alle zone che si trovano in condizione di buio. La conclusione logica
dello studio è che la presenza di una sorgente luminosa in prossimità della
pianta causa uno stress alle foglie che sono direttamente esposte alla luce,
alterandone il normale processo fotosintetico.
Non è azzardato pensare che le sorgenti luminose, possano essere responsabili
di un microclima nelle foglie che sono a più diretto contatto con esse (aumento
della temperatura, dell’umidità relativa ed estensione della luce diurna)
tale da favorire il prolungamento del periodo vegetativo oltre il suo normale
termine.
Lo studio di alcuni sistemi biologici ha evidenziato
l’influsso delle lampade per l’illuminazione pubblica (in particolare quelle
ad ampio spettro di emissione) in alcuni cicli vitali quali la riproduzione
(rettili), la migrazione (lepidotteri, uccelli), la produzione di sostanze
vitali e i ritmi stagionali (piante). Peraltro sono necessari ulteriori studi
per valutare la reale portata dell’influsso dell'inquinamento luminoso sugli
ecosistemi.
Certamente è auspicabile una maggior attenzione nella costruzione e
nell'impiego degli impianti di illuminazione, in modo da evitare
dispersione di luce inutile, utilizzare lampade a spettro di emissione
ristretto (come le lampade al sodio bassa pressione) ovunque è possibile e
tenere accesi gli impianti di illuminazione solo nei periodi necessari.
di Andrea Roman
http://debora.pd.astro.it/cinzano/web2/roman.html
La luce per la maggior parte dei sistemi biologici è un fattore vitale: tutte le forme di vita nella loro evoluzione non hanno potuto prescindere dall’esistenza della principale sorgente di luce per il nostro pianeta, il Sole. È quindi chiaro come l’alternarsi tra giorno e notte, tra luce e buio, sia un fattore fondamentale per la vita degli esseri viventi siano essi animali che piante. Nel momento in cui si altera questo equilibrio con l'irraggiamento di luce artificiale sugli ecosistemi in cui vivono e si riproducono gli esseri viventi, vi è il rischio molto concreto di creare dei danni irreversibili. Porterò ora alcuni esempi che chiarificano quale può essere l’interferenza tra luce artificiale ed ecosistemi.
Witherington (1992) ha studiato la risposta comportamentale delle tartarughe di mare nella deposizione delle uova (che avviene di notte) in presenza di luce artificiale. Egli ha condotto i propri studi su due specie di testuggini marine (Caretta Caretta o tartaruga verde e Chelonia Mydas o tartaruga di mare), le quali nidificano rispettivamente sulle spiagge di Melbourne Beach in Florida e Tortuguero in Costa Rica (peraltro Caretta Caretta è una tartaruga che possiamo incontrare anche lungo le nostre spiagge). Lo studioso ha selezionato un settore di spiaggia isolata, in ciascuno dei due luoghi, che presentasse condizioni di buio e fosse lontano da attività umane; qui vi ha effettuato esperimenti con condizioni di buio (di controllo), e di illuminazione prodotta da lampade ai vapori di mercurio ed al sodio a bassa pressione. I risultati ottenuti illustrati nei grafici della figura 1 (a sinistra Melbourne Beach, a destra Tortuguero), hanno evidenziato un influsso molto evidente della luce prodotta dalle lampade ai vapori di mercurio in un’area di 50 metri circa di raggio intorno al lampione (ogni divisione rappresenta la zona di influsso dei lampioni); qui il numero di tartarughe verdi e tartarughe marine che si annidano è significativamente ridotto rispetto a condizioni di buio; per ciò che riguarda l’illuminazione con lampade LPS la differenza rispetto alle condizioni di buio appare meno marcata. Inoltre riscontrò anche che diminuiva il numero di tartarughe che transitavano in prossimità dei lampioni senza annidarsi, e che nel ritorno verso l’oceano gli animali non seguivano il percorso usuale più diretto. Egli attribuì questi fenomeni al fatto che le radiazioni luminose emesse dalle lampade ai vapori di mercurio (e quindi anche da tutte quelle lampade che hanno emissioni spettrali ampie) interferivano con lo spettro di sensibilità visiva delle tartarughe, le quali confondevano le luci delle lampade con la luce diurna. È ovvio che la presenza di luce artificiale sulle spiagge di nidificazione sia una seria minaccia per la continuazione della specie stessa ed è necessario trovare alternative accettabili per evitarne la completa estinzione.
Quello dei lepidotteri è un altro ordine di animali che subisce un pesante effetto di disorientamento da parte delle luci artificiali: è dimostrato, infatti, che le falene impostano la loro rotta migratoria basandosi sulla Luna o su stelle particolarmente luminose; singole sorgenti luminose o addirittura concentrazione di luce artificiale di agglomerati urbani competono con le luci celesti disorientando e attraendo le falene; la conseguenza è la demolizione dello sciame migratorio e soprattutto la decimazione degli individui (con l’altissimo rischio dell’estinzione di intere specie) in quanto essi si vengono a trovare in ambienti inidonei alla loro vita.
Hausmann (1992) ha condotto uno studio in cui ha evidenziato che il numero di farfalle notturne uccise da lampade industriali in zone seminaturali del sud Italia, è notevolmente elevato.
Infine vorrei ricordare che anche quelle specie di uccelli che usano l’orientamento astronomico (come i alcuni passeriformi) nelle loro migrazioni notturne possono essere disturbati dalla presenza di fonti luminose artificiali.
È degno di nota il caso riscontrato alla periferia di Cagliari di un Falco pellegrino che appollaiato sui tralicci di una raffineria di petrolio, attendeva gli uccelli migratori notturni che venivano attratti da un potentissimo faro che illuminava a giorno gli impianti per motivi di sicurezza, disperdendo però una notevole quantità di luce verso l’alto.
La figura 2 riporta un articolo di giornale apparso sul Gazzettino di Venezia il 24 aprile 1997 in cui si denuncia il disturbo provocato dall’illuminazione del casello autostradale di Venezia-Mestre ad un gallo che canta durante la notte, impedendo il sonno del contadino a cui appartiene.
Esaminiamo ora alcuni disturbi arrecati dai lampioni stradali alla vegetazione.
I grafici della figura 3 rappresentano gli spettri di emissione delle principali lampade impiegate per l’illuminazione urbana a Padova, e gli spettri di assorbimento dei principali pigmenti fotosintetici; come si può vedere le lampade ad incandescenza ed al quarzo-iodio presentano delle ampie emissioni che interferiscono con le radiazioni assorbite dalle clorofille e dai fitocromi.
Già nel 1983 la dottoressa Casagrande ed il professor Giulini dell’Università di Padova evidenziarono che gli alberi dei viali cittadini che si trovavano in prossimità dei lampioni stradali avevano le chiome procombenti verso le sorgenti luminose in maniera vistosa. Proprio l’analisi degli spettri di emissione delle lampade comparata con quella degli spettri di assorbimento delle clorofille a,b e fitocromi, unitamente alle osservazioni sul campo, dimostrarono che il tipo di lampade che maggiormente influiscono sulle piante sono quelle ad incandescenza ed al quarzo-iodio.
Gli studi che abbiamo condotto (io, il professor Giulini, il professor Giacometti e il dottor Cinzano) presso il dipartimento di biologia dell’Università di Padova su due piante di Magnolia Grandiflora L. presenti all’orto botanico della città stessa, hanno evidenziato una diminuzione dell’efficienza fotosintetica delle foglie direttamente illuminate da una lampada ai vapori di mercurio. Il grafico di figura 4 illustra i risultati a cui siamo giunti dopo circa un anno di esperimenti; abbiamo selezionato tre zone di due magnolie, in modo tale da poter avere dei campioni di una pianta provenienti sia dalla parte illuminata che dalla parte oscura, e dei campioni al buio provenienti da un’altra pianta; è evidente che l’efficenza fotosintetica, (identificata con il parametro F p) della zona esposta all’illuminazione artificiale è significativamente inferiore rispetto alle due zone che si trovano in condizione di buio. La conclusione logica dello studio è che la presenza di una sorgente luminosa in prossimità della pianta causa uno stress alle foglie che sono direttamente esposte alla luce, alterandone il normale processo fotosintetico.
Per la misura dell’efficenza fotosintetica e quindi per l’analisi dello stato fisiologico delle foglie interessate all’esperimento abbiamo utilizzato il metodo dell’induzione di fluorescenza. Infatti la maggior parte dell’energia solare che viene assorbita dalle foglie viene utilizzata per i processi della fotosintesi, mentre il resto è dissipato sotto forma di calore e di fluorescenza: tramite uno strumento chiamato PAM (photoamplitude modulate fluorimeter) si è in grado di misurare la quantità di energia emessa sottoforma di fluorescenza, che nei sistemi in vivo si aggira intorno al 3-5% sul totale dell’energia assorbita. Ed è proprio la quantità e la cinetica dell’emissione di fluorescenza che ci ha permesso di capire qual’era lo stato fisiologico delle piante.
Infine direi che non è azzardato pensare che le sorgenti luminose, possano essere responsabili di un microclima nelle foglie che sono a più diretto contatto con esse (aumento della temperatura, dell’umidità relativa ed estensione della luce diurna) tale da favorire il prolungamento del periodo vegetativo oltre il suo normale termine.
Conclusioni
Lo studio di alcuni sistemi biologici ha evidenziato l’influsso delle lampade per l’illuminazione pubblica (in particolare quelle ad ampio spettro di emissione) in alcuni cicli vitali quali la riproduzione (rettili), la migrazione (lepidotteri, uccelli), la produzione di sostanze vitali e i ritmi stagionali (piante). Peraltro sono necessari ulteriori studi per valutare la reale portata dell’influsso di questo impatto antropico sugli ecosistemi.
Certamente è auspicabile una maggior attenzione nella costruzione degli impianti di illuminazione, in modo da evitare dispersione di luce inutile, e soprattutto laddove è possibile utilizzare lampade a spettro di emissione ristretto (come le lampade al sodio bassa pressione).
Bibliografia
L'autore, Andrea Roman, è laureato in Scienze Naturali presso l'Università di Padova con una tesi su "Inquinamento luminoso e probabili effetti sulle piante"